giovedì 8 settembre 2011

feedtime - feedtime (1985)/Shovel (1986)

 

Formatisi nel 1979, gli australiani feedtime hanno il pregio, sul finire degli anni Ottanta, di aver riportato il rock ‘n’ roll alle sue forme strutturali di base.
Come nell’affinazione dell’oro i vari scarti di lavorazione vengono trattati per riottenere il metallo nella sua purezza, così il power trio di Sidney ricetta cascami di voodoobilly, noise, blues e underground e li precipita in decine di brucianti episodi sonori di intatto splendore.
Nel monumentale esordio i Nostri (Tom, Al e Rick, batteria, basso, chitarra e voce - niente cognomi) rivelano da subito la loro potente alchimia che smantella decenni di scorie e compromessi. Si riparte dal grado zero: inizio e chiusura del cerchio sono due classici gemelli, Ha ha e I wanna ride, in cui le percussioni scatenate, il gloglottìo del basso, la sei corde catarrosa e un frontman abrasivo organizzano un muro di suono inaudito sin dai tempi degli MC5 (Mandead, Southside Johnny); anche quando sembrano rallentare (All down, Doesn’t time fly) in realtà la potenza resta sottesa e pulsante.
Il successivo Shovel riconferma ad altissimo livello il loro hard blues canicolare (complice la slide guitar) che Rick sembra ruggire furibondo dalle rosse dune del Simpson Desert: assieme alle consuete tirate supersoniche (Shovel, Mother, More than love, Nice) ed all’incedere da gorilla di Love me trovano posto episodi meno frenetici e quasi ossequiosi a una labile forma di melodia (Fractured, Rock ‘n’ roll, Baby baby) mentre il pezzo finale Curtains, accanto al consueto bulldozer strumentale, sfoggia un sassofono demoniaco.
Dopo un album di cover, Cooper S, in cui terremotano Rolling Stones, Ramones, Slade, esce l’ennesima notevole sfuriata, Suction, in cui il suono, tuttavia, pare affetto da una certa angustia laddove, nei primi due album, questo era naturalmente sfrenato ed epicamente liberatorio. Defezioni e riunioni partoriranno, sette anni più tardi, Billy, non indegno della vecchia gloria. Ancora attivi in concerto non hanno però registrato più nulla, dimostrando, anche qui, un’ammirevole essenzialità.
Di loro resta questa manciata di reperti, schegge di pietra calcinate dall’ardore dei deserti australiani.


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